L’unione tra wearable e telemedicina si farà, ma non subito

L’unione tra wearable e telemedicina si farà, ma non subito






Cresce l’uso di smatwatch, tracker e app legate al fitness. In assenza di certificazioni, dati però ancora ritenuti inaffidabili in campo medico

Per mettere a punto tecnologie di intelligenza artificiale in grado di supportare il personale medico nella cura dei pazienti e poter parlare di telemedicina in senso lato, è fondamentale poter contare su una grande quantità di dati sulla persona. Grazie a smartwatch, tracker e wearable più in generale, negli ultimi tempi, il flusso è letteralmente esploso e praticamente ininterrotto.

Sembrerebbe la combinazione ideale. In teoria, anche piuttosto facile e relativamente poco costoso da realizzare. Basterebbe infatti collegare il proprio dispositivo o la propria app di wellness preferita al Fascicolo Sanitario Elettronico personale (lo storico sanitario personale utilizzato tra l’altro dai medici di base) e si aprirebbero subito nuove opportunità di cura.

App e smartwatch, abitudini sane ma niente più

Anche perché, come emerge dai risultati di una recente ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, oltre quattro cittadini su dieci (41%) usa App di coaching o dispositivi wearable per tenere sotto controllo la propria salute e migliorare il proprio stile di vita. Lo smartwatch in particolare, è lo strumento che ha registrato l’incremento più significativo (dall’8% a circa un cittadino su tre).

Tutto però si scontra con un problema molto pratico. Al momento infatti, dal punto di vista medico tutti questi strumenti sono irrilevanti, o quasi. In assenza di una certificazione, nessun valore prodotto da wearable o app ha un valore scientifico.

L’unica eccezione al momento in Italia, la funzione ECG sui più recenti modelli di Apple Watch. Per il resto, bisognerebbe affidarsi a modelli dove la certificazione è raggiunta a spese di funzionalità ed estetica. Va da sé, una quota minima sul mercato.

Giusto per rendere l’idea, raramente uno smartwatch certificato per uso medico avrà integrata anche solo una funzione di base come il monitoraggio della frequenza cardiaca. D’altra parte, data ormai per scontata anche sui prodotti più economici.

La partita può iniziare

Per questo, l’impegno dei produttori in questa direzione è particolarmente elevato. Come conferma sempre la ricerca del Politecnico, l’attenzione alla telemedicina è alta.

Basti pensare per esempio come l’85% dei medici di Medicina Generale e l’81% dei medici specialisti utilizzi la mail per inviare comunicazioni ai pazienti, mentre WhatsApp è usato dal 64% dei primi e dal 57% dei secondi per fissare/spostare appuntamenti e per condividere documenti o informazioni cliniche.

Meno di un cittadino su cinque, invece, usa la mail o WhatsApp per comunicare col proprio medico, solo il 23% prenota online una visita specialistica e appena il 19% effettua il pagamento sul Web.

Pur limitato, l’accesso ai servizi digitali dei cittadini è aumentato significativamente nell’ultimo anno (nel 2018 l’11% prenotava online e il 7% pagava usando Internet) e nella fascia 35-44 anni registra valori elevati (45% e 27%).

Funzioni all’apparenza banali, ma indice di un grosso potenziale di mercato, dove smartwatch, tracker e wearable più in generale, possono diventare facilmente l’anello di congiunzione tra i grandi sistemi sanitari e la vita di tutti i giorni.

«Nel caso in cui i cittadini non possano rivolgersi a un medico per ricevere consigli su prevenzione e stili di vita in base a dati raccolti – commenta Emanuele Lettieri, responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -, potrebbe giocare un ruolo fondamentale un coach virtuale in grado di fornire in modo proattivo, e sulla base delle evidenze scientifiche disponibili, consigli su come migliorare i propri comportamenti sulla base dei parametri monitorati, come l’alimentazione e gli allenamenti. A oggi questa opportunità desta, tuttavia, un moderato livello di interesse da parte dei cittadini, perché ancora poco note e dai benefici difficilmente valutabili per la maggior parte di loro».

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