Spostamenti e chiusure, la via di uscita dal Covid-19 indicata dai wearable

Spostamenti e chiusure, la via di uscita dal Covid-19 indicata dai wearable






Uno studio della Stanford University sulla diffusione del Covid-19 sfruttando i wearable offre indicazioni sulla riapertura dei negozi

Spostamenti, ritrovi e concentrazioni di persone sono ormai indicati comunemente come le principali ragioni per la diffusione del Covid-19. Ancora difficile però capire come e dove questi fattori si combinino. Una situazione alla quale la University o Stanford è ora in grado di fornire preziose indicazioni.

Uno studio condotto durante i mesi della pandemia su un campione di 98 milioni di abitanti negli USA ha permesso infatti di ricostruire un modello particolarmente dettagliato e affidabile sulle modalità di contagio.

Altro aspetto interessante, fornendo interessanti indicazioni sulle modalità di riapertura dei luoghi di ritrovo pubblico.

Dove il Covid-19 è di casa

Tre i fattori presi in considerazione, osservati grazie ai dati raccolti anche dai wearable ed elaborati da SafeGraph dopo averli resi anonimi. Dove si spostano le persone durante una giornata, quanto tempo stanno in giro e con quante altre persone vengono a contatto in un certo luogo e in un certo momento.

Questo ha permesso agli studiosi di Stanford di individuare alcuni posti come principali fonti di contagio. Aspetto meno scontato, individuando anche le modalità con qui questo avviene e soprattutto la quantità.

Prima di tutto, dallo studio emergono delle conferme. I luoghi a maggiore rischio contagio sono risultati i ristoranti, le palestre e i bar a pieno servizio, senza limiti di accesso. Meno scontato invece l’apporto di esercizi come negozi per cani o concessionari d’auto. In pratica, dove si tende a rimanere al chiuso per un certo periodo di tempo insieme a diverse altre persone.

D’altra parte, non è indispensabile bloccare del tutto queste attività. Buoni risultati si ottengono già riducendo gli accessi della metà. Nei casi peggiori, di ambienti piccoli , si può comunque mantenere un 20% di attività, senza compromettere nè ricavi nè salute.

Più benessere, meno rischio

C’è però anche un aspetto sociale da non trascurare. Locali piccoli e a maggiore frequentazione si sono rivelati spesso quelli nelle zone a minor reddito per abitante. In prospettiva di una riapertura, questo signfica dover abbassare il tasso di occupazione e accesso anche in base a dimensione, tendenza al relativo tempo di stazionamento all’interno. Tendenzialmente maggiore nelle periferie.

D’altra parte, proprio in queste situazioni si possono raggiungere i migliori risultati nel contrastare l’avanzata del Covid-19. Regolando meglio l’accesso in questi locali, l’impatto sui numeri complessivi sarà più importante.

Il problema a questo punto è trovare il punto di equilibrio. Permettere cioè ai commercianti di riaprire le attività, riducendo i rischi di contagio. Più di una regola uguale per tutti, in questo caso lo studio indica una strada diversa: valutare in base alla superficie, al flusso di persone e alla zone in cui si trova, con relativa frequentazione.

Sarebbe però sbagliato anche considerare la ricerca una sorta di via libera alle riaperture. Dall’analisi dei flussi tra marzo e ottobre è anche emersa l’ulteriore conferma di come ridurre gli spostamenti si sia rivelata la strada alla fine efficace nel contrastare il contagio da Covid-19.

Perde però quota almeno in parte anche l’utilità di un blocco totale. Con un’occupazione al 20% di un locale pubblico, si permetterebbe comunque un flusso di persone pari al 60% del periodo pre-pandemia. In questo caso, il rischio di essere contagiati sarebbe solo del 18% rispetto a quello di una riapertura totale senza limiti al movimento delle persone.


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