Segmento dopo segmento, la rivoluzione Strava non intende arrestarsi

Segmento dopo segmento, la rivoluzione Strava non intende arrestarsi

Le ragioni di un successo non scontato, lungo la strada pensata per portare all’opzione Summit

Quando il confronto sulle app dedicate alla pratica sportiva e al fitness più in generale sembrava ormai dipendere solo dalla notorietà, dalla posizione conquistata sul campo e dalla dimensione della comunità costruita, come una sorta di tornado è arrivato Strava a stravolgere le carte in tavola e ribaltare le regole del gioco.

Dimostrando quanto in realtà ci sia ancora spazio per fantasia, creatività e conoscenza dell’argomento trattato, i progettisti statunitensi hanno di fatto aperto una nuova strada, con una perfetta miscela di stimolo all’attività fisica, confronto, condivisione e analisi a diversi livelli.

Dai primi passi fino al professionista, Strava riesce a offrire stimoli e supporto per ogni livello, con una comunità arrivata nel giro di poco tempo a cifre importanti.

Il segmento della rivoluzione

Al centro di tutto un concetto tanto semplice quanto inesplorato in precedenza, il segmento. Chi va in bicicletta, corre, nuota o anche semplicemente cammina, in precedenza poteva conoscere solo i dati complessivi della prestazione, fatto salvo qualche rara eccezione generalmente poco affidabile e poco pratica.

Il segmento invece introduce un nuovo livello di dettaglio nell’analisi di una prestazione, sia per scopi agonistici ma molto più spesso per semplice curiosità. Aspetto vincente, la gestione dei segmenti è affidata praticamente per intero agli utenti, liberi di crearli, modificarli e condividerli.

Da qui la serie di classifiche a analisi si moltiplica rapidamente, intrattenendo quindi più a lungo l’utente sul programma e attirandone facilmente di nuovi. Tra gruppi, condivisioni, connessione ai principali dispositivi GPS dedicati (i vari Fitbit, Garmin, Polar, ecc.), non è azzardato affermare come ormai Strava sia diventato lo standard dell’attività fisica.

La sfida Premium, anzi Summit

Dietro ogni progetto di questa portata però, deve inevitabilmente esserci anche un ritorno economico. Come prassi consolidata delle app, alla versione base gratuita si affianca quindi quella a pagamento. Se fino a pochi giorni fa era indicata come Premium, ora è diventa ufficialmente Summit. Qualcosa di più di un semplice cambio di nome, con l’intento di invitare l’utente a puntare sempre più in alto. Non più un pacchetto completo, ma tre opzioni all’occorrenza distinte: Allenamento, Sicurezza e Analisi. E se nel primo caso l’unico prezzo da pagare è una insistenza non sempre discreta verso la sottoscrizione dell’abbonamento e inviti a collegarsi a utenti il più delle volte sconosciuti (o peggio ancora non necessariamente graditi), nel secondo può essere spontaneo chiedersi quale sia la vera utilità di passare a un canone, considerata la completezza delle informazioni fornite nella versione standard. Questo, anche di fronte agli 8 euro al mese di Premium che hanno lasciato il posto ai 2 euro al mese del singolo pacchetto (addiritura, 5 per tutti e tre). Al primo impatto, anche un sistema per rivedere una politica dei prezzi probabilmente meno redditizia delle aspettative.

Ancora una volta però, Strava è in grado di sorprendere in positivo. Dietro una facciata già ricca, è infatti pronto ad aprirsi un ulteriore universo di funzionalità. Quali e quanto siano effettivamente interessanti per l’utente medio, non può essere stabilito a priori. L’utilità complessiva però, non è in discussione.

Pensare da professionisti

Se per l’utente medio probabilmente l’abbonamento va ben oltre tutte le esigenze o quasi, per il professionista o l’amatore i vantaggi certamente non mancano. D’altra parte, uno degli obiettivi principali di Strava è guidare le persone verso una maggiore pratica sportiva e portarle quindi nella condizione di cambiare il punto di vista nei confronti dell’abbonamento.

Le analisi più dettagliate e le ulteriori classifiche sono probabilmente solo l’aspetto più evidente. In realtà,  i veri vantaggi da valutare in ottica Summit sono altri. A partire dal Beacon, idea ancora una volta tanto semplice quanto inedita. Dalla combinazione di GPS e tracciamento è facile arrivare alla possibilità di poter segnalare in ogni momento la propria posizione ai contatti desiderati. Compagni di viaggio prima di tutto, ma anche e soprattutto in caso di emergenze. Oppure, per sapere quando un amico è per strada dalle proprie parti e raggiungerlo.

Quando invece tutto procede regolarmente, per chi monta lo smartphone direttamente sul manubrio o ha un dispositivo compatibile con le funzioni in tempo reale, diventa interessante poter seguire dal vivo la propria prestazione, con riferimenti in tempo reale sulle classifiche del segmento o più semplicemente sui dati del cardiofrequenzimetro.

La proposta ex Premium acquista maggiore consistenza al crescere dell’impegno agonistico. Chi inizia a dover valutare aspetti come potenza, piani di allenamento od obiettivi, trova in Strava un ottimo supporto. Probabilmente non al livello di un vero preparatore, ma certamente sempre disponibile.

Inoltre, altri dettagli da scoprire e curiosi più che interessanti, capaci comunque di aiutare ad approfondire lo spirito Strava. Uno dei più originali, la Heatmap, vale a dire la mappa con lo storico dei percorsi effettuati con colori di versi a seconda della frequenza. Da quelli blu seguiti poche volte fino al rosso sempre più acceso per quelli ricorrenti.

Parlare quindi di relativa utilità dell’opzione Summit è un discorso praticamente scontato agli inizi, ma sempre più da prendere in considerazione con il passare del tempo se la passione si fa strada. Esattamente l’obiettivo di un progetto di questo tipo e proprio per questa ragione con buona probabilità destinato a durare.

I punti deboli

Qualche appunto tuttavia non manca, e proprio sul nodo centrale dell’intero progetto. L’affidabilità dei segmenti a volta solleva qualche perplessità. Per quanto strettamente vincolata alle prestazioni dello smartphone o dal dispositivo dedicato, non sempre le misurazioni sono credibili. Soprattutto, quando si parla di dislivelli, spesso molto generosi.

In generale, l’affidabilità è direttamente proporzionale alla lunghezza del segmento. Il segmento però, per definizione è un tratto breve e da qui si innesca un potenziale circolo vizioso. La maggior parte dei tratti è infatti intorno al chilometro, o anche meno. Da qui, possibili discordanze troppo ampie per essere credibili.

Basti pensare per esempio a una stretta serie di tornanti su una strada di montagna. Accettando l’affidabilità media di un GPS pari a trenta metri (anche tre rampe parallele sulle strade più strette) , facile capire quanto possa risultare falsato il rilevamento. Su un tratto di circa seicento metri di salita, si arriva a differenze di trenta secondi su un tempo di percorrenza di circa due minuti e mezzo.

Certamente, non un problema tutto di Strava, ma uno dei tanti dettagli sui quali Strava dovrà ancora lavorare per mantenere un primato che è facile immaginare prima o poi qualcuno proverà a mettere in discussione.

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