Dalla retromarcia Bragi segnali incerti per il futuro degli auricolari smart

Dalla retromarcia Bragi segnali incerti per il futuro degli auricolari smart






Uno dei più attivi ideatori di wearable audio rinuncia alla produzione e si concentra sulla tecnologia per conto terzi. Solo ipotesi sull’acquirente

Ancora sfruttato in minima parte, il settore degli auricolari smart presenta sempre interessanti prospettive per il comparto wearable. Quei dispositivi cioè, capaci di offrire funzioni al di là del semplice ascolto di musica. Spesso, notifiche o poco più, ma con un interesse crescente per vere e proprie app dedicate, a partire dalla traduzione simultanea.

Tra i pionieri del settore, la tedesca Bragi, oggi però arrivata a un delicato punto di svolta. L’azienda ha infatti annunciato l’uscita dalla produzione di serie degli auricolari destinati al settore consumer. In particolare, si parla soprattutto dei Dash Pro. Dotati di memoria interna, svolgono anche le mansioni di un tracker di base, con il tracciamento dell’attività fisica, oltre ad alcune chicche come l’isolamento acustico regolabile.

Il tutto però, appoggiato a un sistema operativo proprietario, alla resa dei conti probabilmente un pesante limite. Con l’avanzata dei dispositivi di riconoscimento vocale, Alexa e Google in prima fila, seguiti da diversi altri guidati da Samsung, Bragi si è trovata spiazzata nel gioco delle alleanze , ritrovandosi di fatto relegata in disparte.

Il sogno infranto di Bragi

Da qui, una decisione drastica, uscire dal mercato per dedicarsi allo sviluppo della tecnologia al servizio di altri. Nonostante competenze decisamente all’avanguardia, forse fin troppo, il riscontro del mercato non è riuscito a giustificare gli investimenti.

Un sistema capace di fornire prestazioni simili a uno smartphone con una quantità minima di risorse, non ha raccolto i consensi sperati. Probabilmente, anche il prezzo superiore ai 300 euro per Dash Pro non ha contribuito.

Anche la compatibilità con Amazon Alexa, forse arrivata a giochi già fatti, non ha aiutato a dirottare l’attenzione dagli assistenti vocali più noti. Si arriva così alla cessione della tecnologia a un non meglio precisato partner asiatico.

L’unica certezza è la resa. Parziale

Per il momento, è certa solo una collaborazione tra Bragi e Universal Technology, partner tecnologico di Aroha, azienda del gruppo Mediatek per lo sviluppo di software nei settori dell’intelligenza artificiale e relativo software distribuito tra auricolari e speaker di nuova generazione.

In pratica, resta invariato, almeno nelle intenzioni, l’impegno Bragi nello sviluppo della tecnologia per auricolari smart, liberandosi però di tutta la parte relativa alla produzione e alla distribuzione.

Riguardo a un potenziale acquirente, al momento si possono avanzare solo ipotesi. Per quanto in difficoltà, l’azienda di Monaco certamente mantiene un potenziale innovativo. Per svilupparlo servono però appunto investimenti importanti. Da non escludere quindi come in realtà si possa trattare di un preliminare per un’acquisizione.

D’altra parte, come ricostruisce la testata inglese Wearable, in passato l’interesse verso Bragi non è mancato. Da Fitbit interessata a entrare in un settore nuovo e al tempo stesso complementare con il proprio senza dover partire da zero, a Google con la quale già in passato ci sono stati diversi contatti.

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