Dietro Charge 3, la spinta Fitbit per portare il tracker più lontano
Ultima evoluzione della fortunata famiglia, il nuovo arrivato migliora qualità complessiva e funzionalità, confermando anche il prezzo
La sfida nel mondo dei tracker è ormai passata a un livello superiore. Non si tratta più di offrire solo design, funzionalità e incuriosire con nuove opportunità. La diffusione di questi wearable ha prodotto anche una maturazione nell’utente, più esigente e al quale garantire anche maggiore affidabilità e versatilità.
Si può inquadrare in quest’ottica la più recente evoluzione Fitbit nel settore. Charge 3 infatti, vuole ridisegnare il concetto di tracker, senza tuttavia snaturarlo. Anzi, perfezionando i punti di forza per allargarne il raggio d’azione e al tempo stesso risolvere alcuni limiti incontrati strada facendo.
Per Fitbit d’altra parte, la famiglia Charge ha un peso fondamentale. Sono 35 milioni di dispositivi venduti fino a oggi su scala mondiale. Se a questo si unisce come il 42% dei consumatori adulti che hanno pensato di acquistare un wearable nell’ultimo anno desiderasse un tracker, contro il 36% più orientato verso uno smartwatch, è facile capire l’importanza di rinnovare l’offerta senza deludere le aspettative.
Il tracker punta in alto
La risposta ha tutte le carte in regola per riuscirci. Charge 3 di fatto si può considerare un punto di arrivo per le caratteristiche attuali di un tracker. Vale a dire, un dispositivo capace di mantenere caratteristiche di base per dimensioni, peso e prezzo pur integrando funzionalità in genere disponibili solo sugli smartwatch.
Questo grazie prima di tutto a un leggero intervento sulle dimensioni. Visibile certamente, ma abbastanza contenuto da non compromettere la natura pratica di un braccialetto smart. Giocando sempre sulla rastrematura della cassa, in un alluminio apprezzabile anche solo al tatto, l’ingombro si rivela ben distribuito tra spessore e dimensioni del quadrante.
Tra i vantaggi più evidenti, più spazio per il display Corning Gorilla Glass 3, ormai indispensabile per rispondere esigenze di resistenza e nitidezza. Inoltre, possibilità di aumentare la capacità della batteria, realmente in grado di durare una settimana. A farne le spese, la decisione di conservare il display poco più che monocromatico, di fatto con una ridotta scala di grigi. Un limite certamente sotto il profilo dell’estetica, a tutto vantaggio però dell’autonomia e della risoluzione.
Un ultimo rilievo riguardante il design è la comparsa di un pulsante induttivo, sul lato sinistro della cassa. La tecnologia proprietaria in attesa di brevetto, di fatto elimina la necessità di tasti meccanici, con benefici evidenti sull’estetica e qualche componente in meno soggetto a potenziali rotture.
Giorno e notte, sempre in bella mostra
Charge 3 vuole essere chiaramente un compagno di viaggio il più versatile possibile. Quindi, adatto per qualsiasi stile di vita e in qualsiasi momento della giornata. Questo si rivela decisamente un punto a favore. Difficilmente potrà sfigurare anche al polso dei più attenti all’immagine. Così come è in grado di supportare l’attività fisica. Compreso il nuoto, spesso punto debole di tracker e smartphone, senza temere effettivamente la permanenza a lungo in acqua.
È proprio in queste circostanze a rivelarsi ideale il rapporto tra dimensioni e funzionalità. Correre, nuotare, andare in bicicletta o qualsiasi altra attività movimentata, difficilmente vedrà un in ingombro nella presenza al polso di Charge 3. Per chi non sente il bisogno di tracciare via GPS o ascoltare musica, per qualche momento ci si può tranquillamente separare dallo smartphone senza tanti rimpianti.
Anche sulle funzionalità, Fitbit non si è tirata indietro. Prima di tutto, rinnovato il software per l’analisi del sonno. Grazie anche a una quantità di dati raccolti con il consenso degli utenti considerevole, rilevamenti, indicazioni e consigli hanno ormai raggiunto un buon livello di affidabilità e credibilità, intesa come in linea con le effettive esigenze personali. In passato infatti, spesso il tracciamento del sonno, non solo per Fitbit, sembrava più legato al calcolo delle probabilità, di una reale analisi personale.
In attesa della sfida sulla Sanità
Un primo passaggio praticamente obbligato in direzione di quella che ormai si presenta come la vera sfida per i wearable da polso per i prossimi anni, le certificazioni in campo sanitario. Non a caso, Fitbit è una delle nove aziende (tra le altre, Apple e Samsung), selezionate dalla FDA in un programma pilota per i software digitali a utilizzo sanitario.
Si spiega anche in questo modo la decisione di integrare già in Charge 3 il sensore SpO2 (non ancora attivo), per leggere il livello di ossigeno nel sangue e calcolare la saturazione. Oltre a migliorare le stime nell’analisi del sonno, la prospettiva di rilevare apnee notturne e contribuire alla prevenzione.
Nel frattempo però, è più facile apprezzare altri piccoli ritocchi al tracker. A partire dall’aggiunta di tutte quelle funzioni attualmente integrabili su un dispositivo di questo livello. Oltre a cronometro e timer infatti, si può sempre contare su sveglia e anche le previsioni del tempo, previa naturalmente sincronizzazione con lo smartwatch.
Consiederazioni finali
Il risultato di tutto, è un prezzo capace di sollevare qualche perplessità, soprattutto per chi si avvicina solo ora al mondo dei wearable da polso. Nel contesto generale, 149,99 euro possono apparire meno facili da giustificare rispetto a un passato dove i listini erano più allineati e l’offerta meno varia e meno aggressiva.
Fitbit d’altra parte ha sempre puntato su altre carte, come design, innovazione e capacità di coinvolgere l’utente. Fino a oggi, hanno dimostrato di funzionare e non c’è ragione perché la rotta si debba invertire proprio con Charge 3.
Si potrebbe però sollevare un altro appunto. L’offerta, della stessa Fitbit prima di tutto, è ormai abbastanza ampia e l’utente abbastanza maturo, perché la sua attenzione non si concentri più su un unico modello. Cioè, non molto diversamente da quanto successo con gli orologi tradizionali, non è fuori luogo ipotizzare come ci si possa dotare sia di tracker sia di smartwatch, da indossare a seconda del momento della giornata o semplicemente dell’umore.
A parte Apple concentrata sempre su un solo modello da evolvere nel tempo, un ragionamento da sviluppare nello stesso interesse di un produttore. Nel caso Fitbit, questo però si scontra con il software, in grado di gestire solo un dispositivo per account. Senza cioè la possibilità di sommare i passi e gli altri dati registrati durante la giornata per esempio con uno Ionic, con quelli registrati magari da un Charge 3, o un Alta HR, più idonei all’attività sportiva vera e propria.