Quando la realtà aumentata entra al museo, ogni visita è un’avventura

Quando la realtà aumentata entra al museo, ogni visita è un’avventura

Il viaggio di una designer tedesca attraverso diverse esperienze coinvolgenti grazie alla tecnologia

Per esprimere al meglio tutte le proprie potenzialità, e quindi produrre guadagni, una nuova tecnologia ha bisogno di trovare la giusta applicazione. Una missione nella quale la realtà aumentata ha compiuto diversi passi falsi, puntando inizialmente soprattutto sul canale pubblicitario, alla prova dei fatti capace di produrre opportunità praticamente nulle. Ora però, la situazione sembra avere imboccato la strada giusta. Con maggiore attenzione alla reale utilità nel tempo rispetto ai riscontri immediati, sono già diversi gli esempi interessanti di come la realtà aumentata possa contribuire a migliorare tante situazioni quotidiane.

Un’interessante analisi la offre la tedesca Yisela Alvarez Trentini, User Experience Designer + Anthropologist, raccogliendo diverse testimoninanze di cambiamenti già consolidati nel mondo dei musei, della scuola ma anche del lavoro più in generale. Già consolidati, soprattutto i risultati raggiunti nel primo caso.

Tra i più reattivi di fronte alla realtà aumentata, i gestori di Casa Batlló, una delle celebri case di Barcellona progettate da Antoni Gaudí. Qua, al visitatore non viene più offerta la tradizionale audio guida, non sempre il massimo dell’eccitazione, ma una più stimolante video guida. Due i vantaggi prontamente riscontrati. Un primo legato più alla storia e ai dettagli tecnici dell’edificio, mostrati sul display con maggiore chiarezza. Soprattutto, la possibilità di vivere letteralmente più da vicino Casa Batlló attraverso una serie di animazioni sovrapposte allo scenario reale davanti agli occhi, proponendo anche diverse situazioni.

Un esempio di come fantasia, creatività e coinvolgimento dell’utente siano carte vincenti in un progetto di realtà aumentata. Al tempo stesso, Trentini sottolinea anche l’importanza di un utilizzo estremamente semplice, alla portata di qualsiasi visitatore. Infine, non deve mancare un legame comunque molto forte con realtà, arricchendola sì, ma senza stravolgerla.

Altro caso tanto originale quanto interessante, lo Smithsonian National Museum of Natural History di Washington. Qua, la realtà virtuale ha permesso di trasformare una polverosa sala di scheletri animali in una sorta di viaggio nel tempo. Un’app permette infatti di inquadrare i resti esposti e ricostruire la figura completa dell’animale. Da qui, si può partire alla scoperta della vita del soggetto in questione ed eventualmente intrattenersi con dei giochi.

Il Cleveland Museum of Art si è spinto ancora oltre, puntando a far diventare il visitatore protagonista stesso dell’esposizione, parte integrante delle opere esposte. Una prima app di stampo più tradizionale, ArtLens 2.0, permette di inquadrare un elemento dell’esposizione per accedere a tutte le relative informazioni e aiutare il visitatore a crearsi un percorso guidato in base alle proprie preferenze.

Decisamente più innovativa è invece Studio Play, con la quale sentirsi artisti grazie a Kinect, la tecnologia Microsoft sviluppata per i videogiochi. Sfruttando i sensori Kinect, il visitatore è in grado di creare a sua volta opere d’arte originali, usando le proprie mani per manipolare l’argilla in uno spazio virtuale spazio 3D, eventualmente utilizzando anche vernice su una tela digitale di grandi dimensioni e in alta risoluzione.

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