Nato per l’ambiente, il circuito biodegradabile entra nella circolazione

Nato per l’ambiente, il circuito biodegradabile entra nella circolazione

Grazie alla Stanford University sarà presto possibile controllare la salute grazie a sensori interni

Alcune tra le innovazioni più importanti, a volte nascono dallo studio alla ricerca di una soluzione per un problema del tutto diverso. Da anni ormai, lo smaltimento dei circuiti elettronici è diventata una questione di livello mondiale, non più rimandabile. La maggior parte dei componenti utilizzati infatti, richiede trattamenti particolari per contenere l’impatto sull’ambiente.

Impegnato su questo fronte, il team del professore Zhenan Bao del Department of Chemical Engineering  della Stanford University, ha individuato dei componenti biodegradabili con tutte le caratteristiche in regola per diventare una valida soluzione. In particolare, un polimero semiconduttore con caratteristiche di flessibilità tali da ispirare nuove opportunità.

Tra le più promettenti, le prospettive nel mondo wearable. Sia che si tratti di applicazioni dirette sulla cute, sia in capi di abbigliamento, la rigidità è un grosso limite. I risultati incoraggianti ottenuti con i primi supporti abbastanza sottili da aderire alle forme del corpo o assecondare le forme di un tessuto, hanno spinto i ricercatori ad andare oltre.

Fino a questo punto infatti, non si può parlare di vera e propria novità. Chip e piccoli circuiti elettronici flessibili e aderenti sono già oggetto di studio. La vera novità è l’abbinamento con il materiale biodegradabile. Da qui è infatti facile avanzare l’ipotesi di realizzare strumenti al servizio della medicina, in grado di esaminare il corpo umano dall’interno. In maniera non molto diversa da come oggi a volte viene fatta ingerire al paziente una microtelecamera, un componente elettronico potrà presto seguire la stessa strada, oppure essere applicato all’interno del corpo umano per avere il controllo costante sui valori delle funzioni vitali, apartire dal livello di glucosio o la presisone sanguinea. Una sorta di sensore pronto a lanciare un allarme in caso di anomalie.

Al momento, la ricerca ha ancora bisogno di qualche tempo per migliorare la capacità conduttiva. Tuttavia, non è azzardato ipotizzare come per tanti pazienti costretti a una mobilità limitata dalla necessità di un monitoraggio frequente, si apra la speranza di riguadagnare almeno una parte della propria libertà di movimento.

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